Il greenwashing è spesso difficile da riconoscere, ecco una breve guida per non cadere nella trappola dell’ecologismo di facciata
Attenzione ai termini! Guida per evitare il greenwashing… Seconda parte!
Eccoci qui con la 2° parte dell’articolo “Attenzione ai termini! Guida per evitare il greenwashing” precedentemente pubblicato! Andiamo a scoprire gli altri termini per non cadere nella trappola dell’ecologismo di facciata.
Di seguito i termini o modi di esprimersi da evitare basata sulla Green Guides della Federal Trade Commission (FTC) statunitense, nota anche come Guide for the user of environmental marketing claims e ripresa in parte da Greenbiz.com. Una breve guida utile sia per le aziende che non vogliono incappare in un greenwashing involontario sia per quei consumatori che vogliono vederci chiaro prima di acquistare un prodotto.
Materiali rinnovabili
Quella di dire che un prodotto è realizzato con materiali rinnovabili è un’informazione poco chiara per il consumatore. Sarebbe meglio descrivere il materiale effettivo e elencare le caratteristiche che lo rendono rinnovabile, astenendosi, naturalmente, se questo materiale costituisce solo una piccola parte del prodotto.
Contenuto riciclato
Per quel che riguarda la percentuale di prodotto riciclato, per la FTC è corretto specificare che il prodotto o l’imballaggio contengono il 20% di materiale riciclato, se tale contenuto è stato effettivamente sottratto al flusso dei rifiuti e utilizzato nella produzione. Tuttavia, dire che un prodotto viene etichettato come “riciclato” ma utilizza invece solo “componenti usati, ricondizionati o rifabbricati” è fuorviante.
Oltre ai termini sopra citati, esplicitamente menzionati nelle Green Guides della FTC, molti altri termini sono sotto il mirino degli osservatori del settore e sono forse destinati ad entrare nella prossima edizione, anche grazie ai commenti e alle annotazioni dei consumatori.
Basse emissioni di carbonio
Secondo uno studio pubblicato a febbraio sulla rivista scientifica Public Library of Science (PLOS) One, tra il 2009 e il 2020 i principali produttori di emissioni di CO2, Chevron, ExxonMobil, BP e Shell, hanno aumentato nelle loro relazioni annuali l’uso di termini come “low carbon” per indicare l’adozione di tecnologie più pulite. Tuttavia, nello stesso periodo di tempo, le aziende hanno aumentato drasticamente l’esplorazione di petrolio e gas, mentre i loro sforzi nel campo delle energie rinnovabili sono rimasti poco chiari. Pertanto, le azioni delle aziende non corrispondevano ai loro impegni.
Net-zero
Lo zero netto o net zero si riferisce all’equilibrio tra la quantità di gas serra prodotti dalle attività antropiche e la quantità rimossa dall’uomo. Si tratta dunque di bilanciare le emissioni considerate inevitabili con un assorbimento equivalente: in pratica le emissioni globali devono diminuire di almeno il 45% entro il 2030 e raggiungere lo zero netto entro il 2050. Dopo la firma dell’Accordo di Parigi nel 2015 molte aziende hanno promesso impegni net-zero: per le imprese, si tratta di tutte le emissioni, dirette, indirette e derivanti dalle catene di approvvigionamento.
Tuttavia, non tutti gli impegni a zero emissioni sono uguali ed è facile trovare delle scappatoie. In questo caso, è sempre meglio puntare sulla trasparenza piuttosto che perdere la fiducia dei consumatori.
Fonte: economiacircolare.com
Foto principale: Tirachard Kumtanom su pexels
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