Cargotecture
“L’architettura è l’adattarsi delle forme a forze contrarie.”
John Ruskin
Dal design improbabile, gli architetti negli ultimi anni hanno stravolto la percezione dei container usati per le spedizioni dismessi o estremamente usurati. Il Cargotecture riassume una vasta gamma di approcci atti a reimpiegare questi container in moduli ad uso abitativi, commerciali, agricoli, residenze studentesche, gallerie d’arte e piscine, ma anche per la progettazione di grattacieli, hotel e studi di registrazione.
Philip C. Clark, nel 1987, è stato l’autore di uno dei primi brevetti depositati in materia di cargotecture negli Stati Uniti. Il suo studio dimostra la duttilità dei container nell’impiego per moduli abitativi negli episodi emergenziali locali, causati da eventi metereologici o dissesto idrogeologico, riducendo in maniera sensibile le tempistiche per la realizzazione e la bassa incidenza dei costi.
Questa teoria architettonica – unita ad una sempre più radicata consapevolezza rispetto lo sfrenato consumo di suolo – ha consentito l’evoluzione della cargotecture, oggi opportunità sia dal punto di vista residenziale sia commerciale. Ne è un esempio il caso della Germania, interessata nel 2015 dall’arrivo di un consistente numero di rifugiati. Gli architetti tedeschi hanno dovuto fronteggiare la situazione impiegando soluzioni pratiche e rapide data la mancanza di alloggi, realizzando a Berlino – nel giro di pochi mesi – un impianto con alloggi per 2.400 rifugiati.
I container utilizzati in edilizia sono principalmente di 2 tipi:
- container da trasporto (utilizzati in maniera massiva per trasporti navali)
- container modulari, prefabbricati a scopo abitativo.
Grazie alle tecniche della cargotecture nel riuso dei container, si ottengono molteplici benefici atti a tener basso l’impatto ambientale:
- i moduli non necessitano di profonde fondamenta, invasive per il sottosuolo, per essere alloggiati a terra;
- facile reperibilità dei container dismessi e usurati;
- duttilità di design;
- predisposizione per un completo isolamento termico e all’installazione di nuovi impianti;
- basso costo di acquisto e modifiche strutturali rispetto la tradizionale edilizia urbana;
- i container non saranno indirizzati a un percorso di smaltimento o riciclo dei materiali, eliminando così considerevoli riversamenti di CO2 nell’atmosfera.
Come descritto dalla dott.ssa Fabiana Murgia, in un articolo di approfondimento nel blog “Infobuild”, il processo di trasformazione da container ad abitazione avviene in maniera estremamente semplice.
La stabilità dell’edificio deve partire, in ogni caso, dalle fondamenta che possono essere sia a pali isolati che a struttura continua. Dopo aver fissato tra loro gli elementi e la fondazione mediante saldatura si ottiene, quindi, un’unica struttura stabile e sicura.
Per ricavare finestre e porte è sufficiente realizzare il taglio delle lamiere, mentre la definizione e l’organizzazione degli spazi richiedono l’accostamento di due o più container all’interno dei quali è possibile ricavare stanze separate oppure dare luogo a uno spazio unico e ampio attraverso la completa rimozione delle pareti di lamiere. Ciò che rimane è lo scheletro che, talvolta, necessita di un rinforzo con travi e pilastri in ferro o acciaio.
Lo sviluppo dell’edificio, inoltre, può avvenire sia in orizzontale sia in altezza con un eventuale rinforzo che può coincidere con l’aggiunta di un esoscheletro simile a una sorta di scaffalatura nella quale si inseriscono i container.
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Fonti: Brevetto (USA, 1987) di Philip C. Clark MODULO ABITATIVO e Infobuild
Foto: Unsplash e web
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